Cibo e ossigenazione cellulare

L’ossigeno è una molecola essenziale nel corpo umano e dopo il carbonio e l’idrogeno è il terzo elemento chimico che entra nella composizione del nostro organismo e serve per la produzione di energia cellulare (chiamato metabolismo) senza la quale ogni singola nostra cellula non potrebbe vivere.

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Tutto il metabolismo corporeo è quindi condizionato dall’ossigeno che, in ogni istante di vita, viene introdotto nei polmoni con la respirazione per poter poi essere assimilato e trasportato all’interno dalle cellule; qui dal punto di vista biochimico permette di farci letteralmente “bruciare” i grassi accumulati.

Per utilizzare un solo grammo di grasso corporeo, infatti, alle nostre cellule occorrono ben due litri di ossigeno, tale reazione biochimica chiamata “fosforillazione ossidativa” ha lo scopo, usando il carbonio e l’idrogeno contenuto nei grassi, e l’ossigeno derivante dalla respirazione di ottenere ATP (Adenosintrifosfato), la molecola energetica che ci permette di: fare tutte le funzioni cellulari, di contrarre i muscoli, di produrre energia bioelettrica per il sistema nervoso, di mantenere la nostra temperatura sopra i 36°C.

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La reazione del consumo dei grassi per ottenere ATP ha ben due scarti, l’acqua e la l’anidride carbonica che viene espulsa con la respirazione.

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I ricercatori hanno evidenziato che se si ha un rapido calo ponderale di 10 Kg di grasso corporeo, 8.4 Kg (che corrispondono all’80% del grasso) verranno eliminati attraverso i polmoni sotto forma di anidride carbonica (CO2) mentre i restanti 1.6 Kg diventano acqua (H2O), espulsa poi tramite: urina, sudore, perspirazione, lacrime.

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Pertanto non ossigenare il nostro corpo correttamente genera, a livello cellulare una ipossia, che causa una complessiva riduzione di energia, con sintomi di stanchezza, pigrizia, e in generale una riduzione del metabolismo cellulare, con il risultato finale di predisporci a patologie degenerative e all’aumento di peso corporeo.

Senza il giusto volume di ossigeno le cellule degenerano e il corpo umano invecchia prima.
Ogni giorno ciascuno di noi compie almeno 20.000 atti respiratori per introdurre 10 mila litri di aria per un totale di un consumo giornaliero di oltre 2 mila litri di ossigeno che in ogni attimo della giornata è trasportato dai polmoni a tutte le cellule del corpo umano dai globuli rossi tramite l’emoglobina.

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Alcune condizioni sia fisiologiche che posturali possono originare una lieve condizione di ipossia cellulare e tessutale, una di queste è l’obesità viscerale che limita la respirazione diaframmatica, causanudo un respiro superficiale non in grado di attivare i giusti volumi di aria e di ossigeno. Questo genera un netto abbassamento della saturazione ematica dell’ossigeno, creando condizioni negative di ipossia sull’intero organismo e in particolare su organi vitali: cuore e cervello.

Inoltre l’obesità viscerale causa la sindrome dell’apnea notturna con la sospensione temporanea di respiro con il risultato finale di creare condizioni ulteriori di carenza di ossigeno. Questo grave quadro notturno, complicato anche dal russare che genera cattiva qualità del sonno e sonnolenza continua nel giorno dopo.

Il consiglio pratico è fare esercizi di ginnastica respiratoria, modulata su tre tempi da eseguire con calma e in ambiente ben areato, almeno due volte al giorno.

Fare ginnastica respiratoria con questi tre movimenti:

  1. profonda inspirazione
  2. trattenere il respiro
  3. profonda espirazione

per almeno due minuti, dopo potrà essere percepita una leggera vertigine che sta ad indicare l’arrivo di maggior volume di ossigeno al cervello. Come è arrivato al cervello, procurando vertigine, l’ossigeno è arrivato a tutto l’organismo assicurando un netto miglioramento del metabolismo cellulare!

Gli alimenti per ossigenare le cellule

La clorofilla

La clorofilla (chloros = verde, phyllon = foglia) in realtà non è altro che un pigmento vegetale fotosintetizzante, è una buona fonte delle vitamine antiossidanti A, C, E, e K, è satura di ferro, magnesio, potassio, calcio, nonché di acidi grassi essenziali. Nell’organismo ricopre il ruolo di trasportatore attivo dell’ossigeno, stimola la produzione dei globuli rossi, inoltre il sangue arricchito di ossigeno grazie alla clorofilla, contribuisce ad accelerare i processi di disintossicazione dell’organismo. Esercita degli effetti benefici sulla pressione sanguina e sul sistema nervoso, è efficace contro i disturbi del sonno, il nervosismo e la spossatezza.

Durante la cottura, l’alta temperatura poi fa in modo che gli ioni di idrogeno, presenti negli acidi naturali dei vegetali e rilasciati in seguito alla cottura, prendano il posto di quelli di magnesio, trasformando il colore brillante della clorofilla in un verde opaco e di sicuro meno invitante. Per questo la cottura migliore dei vegetali per non intaccare questa molecola è lasciate la pentola scoperta, in modo che gli acidi contenuti nelle verdure possano volatilizzarsi prima di attaccare la clorofilla. Si consiglia tra l’altro, un ridotto tempo di cottura fa in modo che gli ioni di idrogeno sostituiscano solo una piccola parte di quelli di magnesio, preservando il bellissimo colore della clorofilla.

Una piccola curiosità: c’è un momento, variabile in base a molti fattori che dipendono da cottura e tipo di vegetale, nel quale il colore della clorofilla diventa più vivo in cottura rispetto al cibo crudo. Questo perché le bolle d’aria che si trovano tra le fibre, e che nelle verdure crude “smorzano” il verde brillante, in quel momento esplodono tutte, mostrando il vero colore della clorofilla. Dura pochi secondi, ma imparare a togliere i vegetali in quell’istante consente di avere un piatto molto più bello e invitante. Purtroppo si deve andare un po’ a occhio, sollevando con una forchetta un vegetale e valutandone al momento il colore.

La vitamina B9 – Acido Folico

L’Acido Folico o vitamina B9 è una vitamina idrosolubile essenziale per la sintesi del DNA e delle proteine, due processi indispensabili per: la crescita, il metabolismo e la replicazione cellulare, senza i quali sarebbe impossibile non soltanto rinnovare i tessuti dell’organismo, ma anche garantire il generale funzionamento di quest’ultimo. Essendo necessario per la replicazione cellulare, l’Acido Folico (vitamina B9 nella forma attiva) è particolarmente richiesto da tessuti in crescita e sottoposti a un ricambio cellulare molto rapido. In particolare, questo micronutriente è fondamentale per la sintesi dell’emoglobina e la formazione dei globuli rossi che avviene in modo pressoché costante per reintegrare quelli invecchiati o danneggiati, eliminati dalla milza.

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Sono particolarmente ricchi di Acido Folico tutte le verdure verdi (folico dal latino folium) come: lattuga, broccoli, spinaci, asparagi, verza, cavoletti di Bruxelles; la frutta secca: mandorle, nocciole, noci; i legumi: piselli, ceci, fagioli e lenticchie e cereali specialmente integrali. Si trova anche in alcuni frutti come le arance, i kiwi, limoni, fragole, avocado mentre tra i cibi di origine animale lo troviamo nel tuorlo delle uova, nel fegato, nel salmone e nel latte e suoi derivati.

Da ricordare che frutta e verdura vanno consumate preferibilmente crude poiché la cottura degrada gran parte dei folati presenti nei cibi.

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Il fabbisogno giornaliero di Ac.Folico è di circa 200 mcg . La quantità si raddoppia (400mcg) durante la gravidanza ,dal momento che il feto utilizza le riserve materne, e durante l’allattamento materno. Questa molecola deve essere assimilata con la dieta dato che il nostro corpo non riesce a produrla e le riserve dell’organismo presenti nel fegato durano molto poco, circa 3 mesi.

La carenza di vitamina B9, o acido folico può derivare da stili di vita scorretti quali abuso di alcol, fumo oltre che dall’insorgenza di alcune patologie come diabete mellito insulino-dipendente e la celiachia che provoca una produzione ridotta di globuli rossi nel sangue, con conseguente insorgenza di  anemia megaloblastica. Questa carenza può essere anche causata da alcuni farmaci che abbassano i livelli di acido folico nell’organismo come: antiacidi, alcuni farmaci usati per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue, gli antinfiammatori non steroidei e alcuni diuretici.
L’acido folico può inoltre interagire con altri farmaci (antiepilettici, chemioterapici) che ne modificano l’assorbimento e quindi gli effetti.

La vitamina B12 – Cobalamina

La vitamina B12, o cobalamina, è coinvolta nel metabolismo degli amminoacidi, degli acidi nucleici, alla pari dell’acido folico coadiuvando la sintesi del DNA e dell’RNA, ricoprendo un ruolo fondamentale nella produzione dei globuli rossi e nella formazione del midollo osseo. Il fabbisogno giornaliero di vitamina B12, o cobalamina, corrisponde a circa 2-2,4 mcg, quantità in genere coperta da una normale dieta. Per le donne in stato di gravidanza però è consigliabile assumerne un quantitativo quasi doppio, così da fornirne il giusto quantitativo al feto. La vitamina B12, insieme all’acido folico (vitamina B9), sono molecole necessarie per la normale formazione dei globuli rossi, per la riparazione dei tessuti e la sintesi del DNA. Inoltre, la vitamina B12 è importante per la normale funzionalità delle cellule nervose e come l’acido folico, non può essere prodotta dall’organismo e deve essere necessariamente introdotta con la dieta.

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La vitamina B12, o cobalamina, è presente in tutti gli alimenti di origine animale, seppur in minima quantità. In particolare, la si trova nella carne, nel pesce, nel fegato, nel latte, nelle uova.

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La carenza di vitamina B12 e folati non è frequente nelle persone adulte sane, poiché l’organismo è in grado di accumulare riserve adeguate presenti nel fegato che durano da 3 a 6 anni e vengono continuamente sostituite grazie all’apporto con la dieta. Esistono tuttavia persone a rischio, come gli anziani, le persone con problemi intestinali che potrebbero compromettere le capacità dell’intestino di assorbire queste sostanze, coloro che abusano di alcol e le donne in gravidanza, che necessitano di quantità maggiori di vitamine. La carenza di vitamina B12 e folati e i relativi sintomi possono impiegare da mesi ad anni per manifestarsi in un individuo adulto. Neonati e bambini invece mostrano i segni della carenza più rapidamente poiché non hanno ancora riserve sufficienti.

Nel corso del tempo, una carenza di vitamina B12 o di acido folico, può provocare un’anemia macrocitica, una condizione clinica caratterizzata dalla produzione di un minor numero di globuli rossi ma di dimensioni maggiori e con una ridotta capacità di trasporto dell’ossigeno. Conseguentemente all’anemia i pazienti possono mostrare debolezza, stordimento e difficoltà respiratorie. L’anemia megaloblastica, un tipo di anemia macrocitica, è caratterizzata dalla produzione di globuli rossi più grandi del normale e anche da alterazioni cellulari al livello del midollo osseo. Altri segni dell’anemia megaloblastica includono la riduzione del numero di leucociti e delle piastrine.  La carenza di vitamina B12 può anche portare a vari gradi di neuropatia o danno al tessuto nervoso, che può causare intorpidimento e formicolio alle mani e ai piedi. Nei casi più gravi, possono manifestarsi anche dei disturbi mentali che vanno dalla irritabilità alla demenza grave.

E’ giusto sapere che in natura non esistono piante o vegetali che contengano in modo adeguato alle esigenze dell’uomo la vitamina B12, o cobalamina. Per questo chi si alimenta solo con cibi di origine vegetale incorre nei pericoli alla salute cagionati da una carenza di questa vitamina. Alcune alghe, il lievito di birra, alcuni cibi di origine orientale come il tempeh (derivato dai semi di soia) e la Kombucha (the cinese) pur essendo vegetali contengono vitamina B12 ma in porzioni troppo basse per il fabbisogno umano.

La vitamina B6

Con il termine vitamina B6 si indica, in realtà, un gruppo di tre composti idrosolubili, comprendente piridossinapiridossale e piridossamina, che esplicano un’azione essenziale nel metabolismo umano, prendendo parte come coenzimi a vari processi:

  • trasformazione delle proteine e di diversi aminoacidi

  • formazione dei globuli rossi

  • metabolismo degli acidi grassi

  • produzione di energia a partire dai carboidrati (in particolare, dal glicogeno immagazzinato nelle cellule del fegato e dei muscoli).

La vitamina B6 è essenziale per l’integrità e il buon funzionamento del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) e periferico ed è indispensabile per la sintesi della serotonina, che insieme ad altri neurotrasmettitori contribuisce a regolare il tono dell’umore, il sonno, l’appetito, la memoria e le capacità di concentrazione. Inoltre, la vitamina B6 contribuisce alla normale funzionalità del sistema immunitario (insieme allo zinco), alla riduzione di stanchezza e fatica (insieme al magnesio), alla regolazione dell’attività di molti ormoni e supporta la normale formazione dei globuli rossi, per cui potrebbe essere utile in alcune forme di anemia. È scientificamente confermata anche il suo contributo al normale metabolismo dell’omocisteina.

La carenza di vitamina B6 causa pellagra, una malattia che interessa soprattutto la pelle, l’apparato gastroenterico e il sistema nervoso centrale e periferico, diffusa nei secoli passati nelle classi sociali più povere a causa della scarsa nutrizione e, soprattutto, della mancanza di carne, latte, uova e altri cibi contenenti vitamine del gruppo B. quindi nella dieta è necessario assicurarsi un buon rifornimento quotidiano, sapendo che gli alimenti che contengono vitamina B6 sono: cavolfiori, legumi (in particolare, ceci e lenticchie), germe di grano, frutta secca (nocciole, pistacchi ecc.), patate. Tra i cibi di origine animale troviamo buone quantità di questa vitamina nella: carne di manzo, pollo, pesce e crostacei (come tonno, salmone e gamberetti), fegato, cereali integrali, uova, latte e derivati. E’ stabile al calore, quindi non viene distrutta durante la preparazione dei cibi. Tuttavia, essendo idrosolubile, per evitare la dispersione della vitamina B6, è preferibile cuocere gli alimenti senza o in poca acqua e riutilizzare quella residua per preparare brodi o sughi.

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La quantità di vitamina B6 presente negli alimenti è, inoltre, significativamente ridotta dall’esposizione alla luce (che la distrugge pressoché completamente nell’arco di poche ore) e ad agenti ossidanti (come l’ossigeno presente nell’atmosfera), nonché dal congelamento (che ne sottrae dal 3 al 77%) e dalla conservazione in scatola. Quindi, a prescindere dalle preferenze dietetiche, meglio optare il più possibile per cibi freschi, preparati e consumati al momento.

Il ferro

Il ferro è un metallo e si trova in molteplici alimenti. In particolare, negli alimenti di origine animale (carni rosse magre, tacchino, pollo, pesci come tonno, merluzzo, salmone) si trova il ferro eme di più facile assorbimento da parte dell’intestino, mentre quello di origine vegetale contenuto nei cereali, legumi e nelle verdure è ferro non eme ed è meno assimilabile. L’assunzione quotidiana raccomandata di ferro è di 16 mg/die, diventa di 18 mg/die durante le mestruazioni, di 30 mg/die in caso di gravidanza, di 10 mg/die durante l’allattamento, mentre nella menopausa bastano 9 mg/die.

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Per sfruttare al meglio soprattutto il ferro contenuto in quantità minore nei cereali, verdura e frutta, è consigliabile associare un pasto con:

  • Agrumi, fragole, kiwi, peperoni, pomodori, cavoli, broccoli, lattuga.

    Questi alimenti non cotti contengono alte dosi di Vitamina C, che aiuta l’assorbimento sia del ferro eme che del ferro non eme. Consiglio ad esempio è di preparare pasta e broccoletti, di condire la verdura con il limone, la macedonia con succo di limone o di arancia oppure mangiare fragole a fine pasto.

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  • Carne e pesce

    Questi alimenti contengono Cisteina, che è in grado di fare assorbire 2 o 3 volte di più il ferro non eme presente nelle verdure. Dunque, sarebbe bene accompagnare un secondo di carne con un contorno di verdura

Ci sono invece abbinamenti che sarebbe meglio evitare poiché non favoriscono l’assimilazione del ferro è quindi consigliabile evitare di non assumere insieme alimenti ricchi in ferro con:

  • Tè, caffè, cioccolato, vino rosso.

    Questi alimenti contengono alte dosi di tannini, una sostanza ampiamente diffusa nel regno vegetale che inibisce l’assimilazione del Ferro

  • Ferro e calcio nello stesso pasto. Evitare di mangiare ad esempio pane con affettato e formaggio.

  • Cereali integrali, nei prodotti a base di crusca e legumi poco lavati

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    Questi alimenti contengono acido fitico (acido inositol-esafosforico) che è in grado di limitare l’assorbimento dello zinco, del calcio, del ferro e del magnesio, legandosi e formando sali insolubili (fitati e fitina). Per ovviare a questo problema, nel legumi basta attuare un ammollo prolungato, mentre per quanto riguarda il pane, la lievitazione lenta a pasta acida è in grado di abbattere il contenuto di questi fattori antinutrizionali.

Dott. Emanuele Rondina – Biologo Nutrizionista

Dott. EMANUELE RONDINA – Biologo Nutrizionista – Via Dell’Orso, N°5 / Via F. Argelati N°2 –   BOLOGNA   Email dott.emanuelerondina@gmail.com – Sito http://informamangiando.com

 

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