La celiachia è una malattia del sistema autoimmunitario su base genetica (quindi coinvolge il DNA) che coinvolge nel il 98% dei casi i geni che contengono le informazioni necessarie alla sintesi dei prodotti HLA (Human Leukocyte Antigen), localizzati, in ogni individuo, sul braccio corto del cromosoma 6; in particolare nella maggior parte dei pazienti è presente rappresentato dall’eterodimero DQ2 e/o DQ8. Questa alterazione comporta la produzione di anticorpi verso la gliadina, una componente proteica del glutine e verso enzimi normalmente presenti nell’organismo, come la transglutaminasi. L’introduzione di glutine, pertanto provoca una reazione autoimmune che porta alla atrofia dei villi intestinali con alterato assorbimento di vitamine, ferro e sali minerali. Ne consegue deperimento, anemia, dolori addominali, diarrea, talora stitichezza.
Questa alterazione, genera difetti dell’immunità innata, cioè quella di cui siamo dotati dalla nascita, e dell’immunità adattiva cioè di quella che permette all’organismo di produrre anticorpi specifici verso la gliadina, una componente proteica del glutine e verso enzimi normalmente presenti nell’organismo, come la transglutaminasi. L’introduzione di glutine, pertanto provoca una reazione autoimmune che porta alla atrofia dei villi intestinali con alterato assorbimento di vitamine, ferro e sali minerali. Ne consegue deperimento, anemia, dolori addominali, diarrea, talora stitichezza. Questo meccanismo viene attivato nel giro di due o tre settimane dal momento in cui si inizia a consumare il glutine.
I celiaci reagiscono all’assunzione di alimenti che contengono anche minime quantità di glutine (20 ppm = 1mg per 1kg di alimento) con una reazione auto-immunitaria abnorme a livello dell’intestino tenue, determinata dalla frazione tossica del glutine. Tale reazione genera un’infiammazione cronica, danneggia i tessuti dell’intestino tenue e porta alla scomparsa dei villi intestinali, fondamentali per l’assorbimento dei nutrienti e degli oligo-elementi. Oltre al danno diretto, il celiaco subisce quindi anche un danno indiretto perché non è in grado di assorbire sostanze nutritive in quantità sufficienti e perciò rischia la malnutrizione. La celiachia, se non è diagnosticata tempestivamente e trattata in modo adeguato, può avere conseguenze importanti, anche irreversibili.

COS’E’ LA SENSIBILITA’ AL GLUTINE?
La sensibilità al glutine identifica tutti quei casi in cui un paziente manifesta alcuni sintomi caratteristici della malattia celiaca e trae beneficio da una dieta priva di glutine, nonostante gli accertamenti clinici escludano una celiachia conclamata e/o un’allergia al glutine.
Perciò, un soggetto sensibile al glutine presenta alcuni sintomi tipici della celiachia, ovvero gonfiore addominale, meteorismo, pesantezza di stomaco, disturbi addominali e alvo irregolare, pur non essendo affetto da celiachia.
Per molti anni la sensibilità al glutine (NCGS) è stata relegata nell’ambito dei disturbi gastrointestinali “generici”, con sintomi digestivi di diversa natura, attribuiti ad un intestino irritabile e favoriti da disordini alimentari non meglio precisati, finché nel 2010 è comparsa la prima pubblicazione scientifica a conferma dell’esistenza della “gluten sensitivity” come quadro clinico riconosciuto, anche nei soggetti non celiaci.
Si presume che, alla base della sensibilità, possa esserci un assorbimento anomalo di frammenti proteici degli alimenti non correttamente degradati, dovuto a disfunzioni enzimatiche o ad alterata permeabilità (“porosità”) della parete intestinale, con perdita della selettività della mucosa, che determina un’inevitabile risposta immunitaria e infiammatoria. Oppure può succedere che, se un alimento non viene correttamente digerito e frammentato nei sui componenti elementari, la parte di nutriente non assorbita diventa fonte di processi fermentativi ad opera della flora intestinale con eccessiva produzione di gas, di metaboliti acidi o di altro tipo o di acidi grassi, con sintomi prevalentemente intestinali.
Il tutto viene indubbiamente favorito sia da un’alimentazione cronicamente sbilanciata sia da eccessi calorici rispetto al fabbisogno dell’organismo. In tal caso, la quota di nutrienti non assorbita o non correttamente degradata può aumentare in maniera considerevole, generando, oltre ai sintomi gastrointestinali, anche disturbi di malessere generale quali stanchezza, irritazione, ritenzione idrica, cefalea, infiammazione e dolori.
Molti soggetti possono quindi sviluppare una sensibilità al glutine semplicemente perché mangiano troppo o male, creando così un sovraccarico cronico ai sistemi enzimatici intestinali. È facile perciò immaginare quante persone finiscano per rientrare nella situazione clinica di sensibilità al glutine, sviluppando diversi sintomi non facilmente distinguibili dai sintomi da IBS (sindrome dell’intestino o colon irritabile).
Si ritiene che le persone affette da sensibilità al glutine in Italia siano il 6% della popolazione, ovvero almeno 6 volte di più di quelle affette da celiachia, ma avere un dato preciso è al momento praticamente impossibile, visto che non esiste a tutt’oggi un metodo di diagnosi universalmente accettato, soprattutto perchè i disturbi a volte sono piuttosto generici. L’eziologia, inoltre, non è ancora del tutto chiara e univoca, quindi l’unica via per poi arrivare a definire la sensibilità è quella di procedere per esclusione. Pertanto, si può parlare di NCGS se in un soggetto sottoposto a dieta priva di glutine, una volta esclusa la celiachia, i disturbi gastrointestinali migliorano in modo significativo.
In caso di sensibilità al glutine, come anche in caso di celiachia, i disturbi vengono tenuti sotto controllo solo grazie ad una dieta “gluten-free”, ovvero eliminando tutti i cibi contenenti glutine; tuttavia diversi pazienti sono sensibili anche alla “cross-contamination”, cioè all’ingestione di piccole quantità di glutine contenute in altri alimenti, e questo può succedere se si mangia spesso fuori casa o se non si utilizzano esclusivamente alimenti garantiti “gluten-free”. Diversi studi, infatti, dimostrano che anche seguendo una dieta priva di glutine, l’assunzione involontaria di glutine può variare da 200 mg a 3000 mg/giorno, a seconda di quanto sia rigorosa la gluten free diet.
COS’E’ L’AUTOIMMUNITA’
La transglutaminasi TG2 appartiene ad un gruppo di enzimi non solo intestinali ma ubiquitari, presenti in molte altre parti del corpo e, una volta innescata, l’autoimmunità anti tTG può estendersi anche a sedi extraintestinali dove si automantiene finchè il soggetto resta esposto al glutine. E’ ritenuta anche essere il bersaglio degli anticorpi antiendomisio. Attualmente la malattia celiaca viene interpretata come un modello particolare di malattia autoimmune, geneticamente predeterminata, ad antigene identificato (il glutine), con un autoanticorpo specifico (la transglutaminasi), in cui la enteropatia non è che il primo bersaglio di una catena di reazioni immunitarie che possono diventare sistemiche e colpire sedi distanti dall’intestino come la cute, il fegato, la tiroide, il cervello etc. Questo spiega molti dei sintomi extraintestinali della malattia .
QUALI ANALISI FARE?
L’analisi sierologica da effettuare è la seguente:
- Anticorpi Antiendomisio (EMA)
- Anticorpi Anti-Transglutaminasi (tTG IgA), prodotti nel sangue in risposta alla presenza di glutine.
- Tale analisi va completata da una determinazione delle Iga Totali, per individuare la capacità del soggetto a produrre questo isotipo delle Immunoglobuline, evitando falsi negativi.
Il test istologico invece consiste in una biopsia intestinale che permette di verificare il danneggiamento e l’atrofia dei villi intestinali.
In caso di negatività degli anticorpi è importante determinare la predisposizione alla malattia celiaca effettuando un test genetico con la determinazione dell’aploptipo DQ2/DQ8. La presenza dei due determinanti nelle varie combinazioni e il loro assetto in omo- zigosi o in etero-zigosi, determina la maggiore o minore possibilità dell’espressione della malattia celiaca. In caso di positività al test genetico il soggetto dovrà monitorare la sua predisposizione alla celiachia effettuando un test di Anti- Transglutaminasi IgA almeno un volta all’anno.
COS’E IL GLUTINE
Si tratta della componente proteica di alcuni cereali. A livello nutrizionale non ha un valore significativo ma a livello di cucina e quindi di impiego di farine per produrre lievitati come pane, biscotti, pasta etc il glutine e’ indispensabile per consentire il processo di lievitazione e rendere i prodotti morbidi, soffici e appetibili. E’ infatti grazie al glutine che si forma la cosiddetta maglia glutinica che imprigiona le bolle di gas che si formano durante la lievitazione (che e’ un processo di fermentazione) e fanno “crescere” l’impasto. Tanto maggiore e’ la presenza di glutine tanto maggiore e’ la forza di coesione della rete glutinica e quindi tanto più’ forte e’ la farina.
LE FARINE GLUTEN FREE
FARINA DI SORGO
Di origine africana di un colore bianco-giallognolo, ed è fine al tatto (ricorda la farina di mais). E’ conosciuta anche con il nome di “farina durra”. Si ottiene dai semi della pannocchia del sorgo.
La quantità di proteine è modesta ma comunque possiede diversi aminoacidi essenziali. Grazie alla sua composizione è molto digeribile e facilmente assimilabile, inoltre contiene molte fibre, sali minerali come ferro, calcio, potassio e vitamine del gruppo B.
Per chi: Dato l’elevato contenuto di antiossidanti e fitocomposti quali fitosteroli, acidi fenolici e flavonoidi che contribuiscono è adatto a ridurre il rischio di cancro, malattie coronariche e alcune malattie neurologiche.
Inoltre, l’amido e le proteine contenute nella farina di sorgo richiedono più tempo per essere digerite, per questo motivo è particolarmente indicato alle persone affette da diabete.
In cucina: E’ utilizzata per creare dei buonissimi pancakes, crespelle, focacce, pane dolce e biscotti.
FARINA DI RISO
La farina di riso è naturalmente priva di glutine, ad alto contenuto di carboidrati ma ricca di fibre e selenio e povera di grassi. E’ prodotta dalla macinazione del riso bianco che è privato dello strato esterno di crusca.
Questo tipo di farina per celiaci rappresenta l’ingrediente principale per cracker, gnocchi e biscotti, ma viene anche utilizzata come addensante per zuppe e minestre, addensare le salse (crema pasticcera, besciamella) preparare le pastelle per friggere, che saranno molto leggere e delicate, infarinare carne e pesce e per fare una pasta molto leggera e digeribile. Può essere utilizzata da sola o con altre farine naturalmente senza glutine per la preparazione di dolci soffici come le torte, di pancakes dolci e salati, crepes, frittelle tipo Waffel e Gauffres e tutti quegli impast i che richiedono farine leggere e presentano un impasto piuttosto liquido o comunque cremoso. Ha un sapore delicato ed è molto leggera, tuttavia tende a rendere secco il prodotto finale. Pertanto è sempre opportuno miscelarla alla fecola di patate e alla farina di tapioca per migliorarne la resa. Se proprio non è possibile reperire la farina di tapioca: miscelare solo farina di riso e fecola di patate.
Nello scegliere la farina di riso tra i marchi sicuri quelli con spiga barrata, prediligere sempre la farina macinata in modo sottilissimo, perché avrà la resa migliore in cucina.
Si ottiene dalla macinazione del noto cereale, può essere sia bianca che integrale. La composizione è prevalentemente amidacea, con un apporto proteico e lipidico molto basso. Si differenzia dalla farina di frumento, oltre che per l’assenza di glutine, per il minor contenuto di vitamine, sali minerali e fibre (soprattutto nella versione “bianca”).
Il consumo di riso integrale apporta all’organismo carboidrati, proteine (seppur in misura minore rispetto al frumento), vitamine (in particolare gruppo B), elementi minerali (calcio, calcio, ferro, fosforo, ma poco sodio), oligoelementi, enzimi. Questo cereale facilmente digeribile (è privo di glutine e i suoi enzimi attivano la digestione), è consigliabile inserirlo nella dieta ogni qualvolta si ha la necessità di alleggerire l’attività di stomaco e fegato. Torna poi utile in caso di ipertensione, insufficienza renale e cardiaca, saltuari problemi intestinali (colite, diarrea, fermentazioni) e gastroenteriti, eccessiva presenza di urea nel sangue, nervosismo. E’ utile anche in caso di stitichezza, poiché una parte dell’amido in esso contenuto è per il nostro organismo indigeribile ed esplica nell’intestino la stessa funzione delle fibre presenti nella crusca di frumento.
Non esistono controindicazioni al suo consumo, nemmeno per i diabetici, poiché gli amidi del riso con la digestione si trasformano in destrosio, non in glucosio.
Per uso esterno e cosmetico si usano la farina e l’amido di riso (in cataplasmi o per aspersioni) che hanno proprietà assorbenti, detergenti, disinfiammanti, emollienti e lenitive.
FARINA DI MIGLIO
E’ un cereale originario dell’Asia di cui si macina tutto il chicco ottenendo una farina senza glutine, fonte di minerali e di vitamina A e vitamine del gruppo B. Possiede anche un buon contenuto di tiamina (vitamina B1), niacina (vitamina PP) minerali come ferro, potassio, manganese e, in misura minore, magnesio, silicio e fosforo. Abbastanza semplice da trovare, è ricca di acido salicilico, migliora le funzioni di milza e pancreas, supporta l’organismo durante lo sviluppo e rafforza capelli, ciglia, denti e unghie.
PER CHI : Molto proteica, con il suo 15% di proteine, risulta essere particolarmente indicata per gli sportivi dato che è molto nutriente. Ottima anche quando si è molto affaticati sia fisicamente che mentalmente e durante la convalescenza.
In cucina: Speciale per preparare le crepes, offre il meglio di se’ anche in pancake e pane (dove può costituire addirittura fino ad 1/3 della componente farina).
Si trova in due varietà: di miglio dorato (colore chiaro) e di miglio selvatico (colore bruno).
Ha proprietà depurativa, equilibrante, eupeptica, lenitiva, nutritiva, ricostituente, rinfrescante e vitalizzante. Questo lo rende un alimento consigliato in caso di affaticamento fisico e psichico, in fase di convalescenza, gravidanza ed allattamento, nei problemi digestivi e in presenza di ulcera gastrica.
FARINA DI AMARANTO
Coltivato in America centrale l’amaranto può essere tranquillamente annoverato tra i cereali più antichi dell’umanità. Come il mais, anche l’amaranto era venerato dalle popolazioni sudamericane e gli si attribuivano speciali poteri e origini mitiche. I Conquistadores spagnoli decretarono la pena di morte per chi lo coltivasse o ne facesse commercio, proprio con l’intento di sottomettere le popolazioni e di sradicarle dal loro retroterra culturale e religioso. Con lo sterminio sistematico di quei popoli anche l’amaranto scomparve quasi completamente. Oggi è stato riscoperto e rivalutato; la moderna scienza dell’alimentazione gli conferisce una decisa importanza grazie alla sua ricchezza di nutrienti. La farina di amaranto ha la percentuale più alta di proteine e di fibre rispetto ad altre farine per celiaci (circa 15 grammi di proteine su 100 grammi di prodotto). Costituisce una fonte principale di calcio, fosforo e ferro, una buona fonte di acidi grassi polinsaturi in quantità simili a quelle dell’olio d’oliva, ha un gusto molto particolare molto simile a quello della frutta secca e del malto.
PER CHI: Per gli sportivi e chi ha bisogno di energia di pronta assimilazione.
Inoltre, possiede infatti un eccellente contenuto di lisina, un amminoacido essenziale per la formazione delle proteine.
In cucina: E’ una farina che trattiene grandi quantità di acqua quindi risulta essere un ottimo addensante in zuppe, minestre e creme – dolci e salate.
FARINA DI GRANO SARACENO
Non si ottiene da un cereale, men che meno dal grano, cosa che il nome potrebbe trarre in inganno ma da una pianta della famiglia del rabarbaro. Già conosciuta in molte ricette italiane e no (la farina di grano saraceno infatti si utilizza per preparare i pizzoccheri valtellinesi, i blinis, i soba noodles), si può utilizzare in generale per preparare pasta fresca e ricette di pane (miscelata con altre farine gluten free),
Ha un gusto marcato e deciso: La farina di grano saraceno contiene 4 volte più ferro e calcio, 9 volte più magnesio e potassio e circa il doppio di zinco, rame e manganese rispetto ad altre farine senza glutine, diventando quindi la fonte migliore di minerali essenziali. E’ anche una buona fonte di proteine vegetali biologicamente disponibili, e di rutina, un glicoside antiossidante presente anche negli agrumi che protegge e rinforza i vasi sanguigni e una discreta quantità di fibra solubile.
Ha proprietà energetica, fortificante, remineralizzante, ricostituente, riscaldante. Idoneo alla dieta degli sportivi, convalescenti, durante la gravidanza e l’allattamento e, in generale, nel periodo dello sviluppo. Importanti sono anche le sue proprietà depurative (agevola l’eliminazione dei liquidi in eccesso) e rivitalizzante; non ultimo, il chicco contiene rutina, un glicoside che protegge e rinforza i vasi sanguigni. Un consumo regolare permette quindi di mantenere in efficienza e prevenire affezioni degli apparati cardiocircolatorio, renale e sessuale.
FARINA DI CASTAGNE
Questo tipo di farina è apprezzata dai nutrizionisti per l’elevato contenuto di vitamina C, ma anche per gli elevati livelli di manganese, vitamina B6 e rame. In 100 grammi di farina di castagne troviamo una fonte di carboidrati amidacei non indifferente ma anche di fibra alimentare utile per tutte le persone che vogliono perdere peso.
Si usa per la produzione di dolci come il castagnaccio ma anche per creare crespelle e tagliatelle da condire con sughi rustici e alle verdure. Può essere usata in aggiunta ad altre farine anche per la produzione di una squisita pasta frolla idonea a crostate e biscotti.
FARINA DI CECI
Ha un alto contenuto di carboidrati quindi una fonte immediata di energia, utile per svolgere numerose attività mentali e fisiche. Le abbondanti proteine contenute nella farina di ceci, così come il contenuto di fibra solubile, contribuiscono a migliorare la circolazione.
PER CHI: Tra i minerali sono presenti potassio, fosforo e magnesio e tra le vitamine prevalgono quelle del gruppo B in particolare la B9 conosciuta come acido folico rende questa farina particolarmente indicata per mantenere attivo il metabolismo e soprattutto garantire la corretta assimilazione degli alimenti..
Con questa farina senza glutine solitamente si creano: la farinata, la cecina e le panelle siciliane e crepes.
La farina di ceci, tra tutte le farine senza glutine, è la migliore per sostituire le uova nelle frittate. Inoltre, può essere usata nei ripieni per verdure e nei burger vegetali per compattare l’impasto.
FARINA DI MAIS
Farina ottenuta dalla macinatura del chicco del granturco, si ottengono farine a diversa granulometria, impiegate per preparazioni culinarie diverse: “Fioretto” e “Fumetto di mais” sono a grana fine e vengono utilizzate per dolci e biscotti, la versione “bramata” (a grana grossa) e “bianca” vengono utilizzate generalmente per la produzione della polenta.
Possiede un valore nutritivo discreto, dovuto al contenuto scarso di proteine e vitamine e alla presenza dell’anti vitamina PP. Nonostante ciò, il quantitativo di fibre è buono ed è fonte di ferro, fosforo e potassio.
In cucina: La bramata e la bianca vengono usate per fare la polenta, la fioretto per dolci, biscotti e pane (abbinata spesso alla farina di grano saraceno).
FARINA DI LUPINI
Legume considerato “povero” ma in realtà uno dei più ricchi di proteine (38 g. per 100 g. di prodotto), quantità paragonabile a quella della carne e superiore a quella delle uova.
Le proteine contenute in questa farina per celiaci hanno dimostrato di modificare favorevolmente i profili lipidici stimolando le cellule del fegato a raccogliere e degradare il colesterolo cattivo (LDL). Inoltre presenta un basso contenuto di amido, che garantisce un basso indice glicemico con buona pace di glicemia e insulina.
Infine, la farina di lupini rappresenta una delle migliori fonti di amminoacidi, tra cui l’arginina che si pensa sia in grado di migliorare il funzionamento dei vasi sanguigni.
In cucina: si utilizza soprattutto nelle ricette dei prodotti da forno sia dolci che salati (pane, biscotti e torte).
FARINA DI TAPIOCA
Ha un buon contenuto di minerali e vitamina K amica delle ossa e dell’equilibrio del sistema nervoso. Ottimo addensante si usa con salse, creme e zuppe.
FARINA DI TEFF
E’ un cereale senza glutine, tipico dell’Etiopia e dell’Eritrea, ha una farina di colore scurissimo fa parte del gruppo dei grani antichi. Ricca di proteine ha un basso indice glicemico. Contiene una sorta di lievito naturale (simbiotico) che ne facilita la lievitazione. E’ l’alternativa ai fiocchi di avena per preparare il porridge.
FARINA DI COCCO
Ha un altissimo contenuto di fibra e un alto contenuto proteico. Contiene acido laurico, un acido grasso che possiede proprietà antivirali, antifungine e antimicrobiche.
FARINA DI CHIA
Ricca di acidi grassi Omega 3 in grado di ridurre un generale stato infiammatorio dell’organismo e il rischio per le malattie cardiovascolari. Contiene ben 11 grammi di fibra e per questo contribuisce a mantenere normali i livelli di colesterolo buono.
FARINA DI FAGIOLI
Ottima nella prevenzione di patologie associate allo stress ossidativo. Ottimo è il suo contenuto proteico e di fibre, per questo motivo è più adatta per la riduzione del colesterolo cattivo. In cucina è ideale per pasta, pane e crepes. In commercio possiamo trovare la farina di fagioli fatta con diverse varietà come borlotti o fagioli neri.
FARINA DI FAVE
Ricca di fitonutrienti che proteggono dal rischio di cancro al seno. Contiene un precursore della dopamina (levodopa) associato con un buon funzionamento dei movimenti del corpo.
La farina di fave costituisce un’ottima fonte di folati, ma anche di minerali quali ferro, potassio, magnesio e calcio. E’ consigliata in cucina per creare pane, torte salate e pasta.
FARINA DI CANAPA
Ottenuta dalla macinazione dei semi di canapa, ha un retrogusto nocciolato buono che, mescolato con altre farine dà risultati sorprendenti nei dolci, nei primi e nei pani. Contiene tutti gli amminoacidi essenziali e questo la rende una fantastica fonte di proteine. Viene consigliata nelle diete sportive: si può aggiungere ai frullati, nelle salse, nei gelati o si assume sciolta in acqua.
Possiede ottime fonti di omega 3 e omega 6; si tratta quindi di un alimento antinfiammatorio adatto a chi ha l’intestino infiammato.
FARINE DERIVATE DA SEMI OLEOSI
Le farine derivate dalla frutta secca è altamente consigliato in caso di rischio di malattie cardiache. Inoltre la presenza di vitamina E ha come effetto principale quello di abbassare il colesterolo. Ottime per l’impiego in pasticceria, per torte, biscotti e frittelle, vengono spesso usate al posto del pangrattato in burger vegetali e polpette.